#Storiedaraccontare
Sono in Ansaldo Energia da poco più di un anno, un tempo che può essere visto in due modi, come sostenevano i greci: il tempo effettivo, il Chronos, fatto di 365 giorni, un tempo relativamente breve, se per esempio, lo compariamo con gli oltre 170 anni di questa azienda; o il tempo percepito, il Kairos, che per me è stato un tempo denso, fatto di sensazioni particolari, durante il quale ho avuto modo di vivere, affrontare e gestire momenti di cambiamento davvero importanti.
Seppur scontato, è ragionevole dire che i tempi attuali ci fanno vivere a un’altra velocità e gestire una quantità di dati, eventi e informazioni che solo trent’anni fa non erano nemmeno immaginabili. Per me questo anno di Ansaldo Energia è stato esattamente così: rapido – se ripenso al primo giorno in cui ho varcato i cancelli di questa azienda – ma, contestualmente, ricco di esperienze, di fatti, di episodi, di persone.
Nella mia vita professionale Ansaldo è sempre stata presente: lavorando nel settore energetico da oltre trent’anni anni, ho sempre avuto chiara l’immagine di Ansaldo come di un’eccellenza italiana fortemente legata al suo territorio e alle sue persone, ma con una grande capacità di raggiungere, con il suo spirito e la sua attitudine, ogni parte del mondo in cui ci fosse necessità di produrre energia affidabile. Non credo sia un caso che Ansaldo abbia in Genova le sue radici e, proprio come i genovesi, in ogni occasione abbia avuto la forza e le competenze per portare il suo ingegno in ogni parte del mondo.
Questo spirito è la parte più nobile e più importante di Ansaldo, uno spirito che è rimasto negli anni, pur adattandosi ai cambiamenti della storia, dell’industria e del mercato.
È uno spirito che affonda le sue radici in una storia dove l’esperienza, le abilità, l’imprenditorialità dei singoli si sono unite per dare vita a una realtà che ha garantito e continua a garantire lo sviluppo e la crescita delle sue attività, della sua comunità e delle competenze industriali del Paese. È importante che guardiamo al passato con riconoscenza per chi ha posto le basi di questa impresa e ci sentiamo orgogliosi di essere parte di questa storia che deve continuare, con la nostra responsabilità, nel futuro.
La cultura industriale italiana è una fonte di ricchezza e di crescita immensa, da cui ancora oggi dobbiamo prendere spunto per migliorare e continuare a crescere. Dopo pochissimi giorni dal mio insediamento in Ansaldo Energia ho avuto il piacere di conoscere e visitare Fondazione Ansaldo.
Quando sono entrato in quelle sale e ho potuto fare esperienza diretta di quanto lo spirito imprenditoriale italiano (Ansaldo, ma non solo) ha realizzato, comprendendo la quantità di storia che la Fondazione racchiude nei suoi archivi, ammetto di esserne stato travolto. Travolto da una tale ricchezza di storia, di esperienze, di persone, di vita, di idee del singolo che diventano opportunità per l’intera comunità.
Vedere “prodotti” quali il Rex (un esempio per tutti) e pensare alle maestranze che ci hanno lavorato, a chi lo ha progettato, a chi ha scelto di correre un rischio imprenditoriale così alto, non può e non deve lasciare indifferenti. Le foto in bianco e nero che accompagnano le narrazioni, quei singoli volti dei lavoratori, gli strumenti e le attività che svolgono racchiudono un percorso verso la tecnologia e l’innovazione da cui non possiamo prescindere. Se noi oggi ci siamo, lo dobbiamo a tutti loro.
Per questo per me Fondazione Ansaldo è un luogo prezioso, che ho piacere a far conoscere – ogni qualvolta sia possibile – a clienti, fornitori, istituzioni, in particolar modo stranieri. Ma mi piace moltissimo anche lavorare in Fondazione con i colleghi, gli Ansaldini, per ricordarci come la nostra storia – qui così ben conservata e valorizzata – debba essere il volano per il nostro successo futuro. Non è un caso che abbiamo scelto di definire tra queste mura insieme a un nutrito gruppo di colleghi i nostri valori, la nostra mission, la nostra vision. Perché quello che siamo e che saremo parte da chi siamo stati.
Solo con la solidità del nostro passato che possiamo essere pronti a guardare al futuro con tutta la nostra energia.
Forse corsari e pirati hanno una cattiva fama sulle coste liguri. Ma è proprio da queste leggendarie avventure che bisogna partire se si vogliono rintracciare le origini, e magari lo spirito, di quella famiglia Risso di Bogliasco che in seguito contribuirà a dar vita ad AGN ENERGIA. Notizie più documentate risalgono all’800, riferite a capitani armatori che acquistano almeno due brigantini a palo per attività di trasporto merci attraverso rotte transoceaniche che talvolta si spingono fino a Capo Horn….
Ma dobbiamo aspettare gli anni ’50 del secolo scorso, in un contesto di ricostruzione postbellica e di vivace creatività imprenditoriale, per trovare i due soci fondatori, Aldo Risso di Bogliasco e Francesco Quirico di Torino, acquisire il 50% rispettivamente di AUTOGAS Ligure e AUTOGAS Piemontese, le due società dalla cui fusione prenderà vita successivamente AUTOGAS NORD. Intanto Risso e Quirico, diventando autonomi dalla finanziaria milanese che deteneva le restanti quote, segnano un importante passo avanti nella storia dell’azienda. Siamo in una fase di passaggio epocale, dalle cucine ancora alimentate a legna o carbone a quelle moderne a gas. I due soci, implementando l’acquisizione e lo stoccaggio del gas e gli stabilimenti di riempimento delle bombole, sanno sfruttare le nuove opportunità del mercato, non solo in termini di espansione di volumi sul territorio ma anche di riorganizzazione qualitativa del processo di distribuzione. Adottando il modello di rete già in uso nel servizio del gas metano nelle città, viene rinnovato il sistema di diffusione anche del GPL, con l’ausilio di piccoli serbatoi distribuiti sul territorio e riforniti continuativamente. Questo interesse a tutto campo per la filiera del gas apre anche a un’attività di trading che consente a sua volta una maggiore conoscenza del mercato. Già nel 1987 si procede all’acquisto di Florengas, la prima di una lunga serie di acquisizioni grazie alle quali AGN si qualificherà sempre più come realtà imprenditoriale di riferimento nel settore. In questa direzione il risultato più brillante viene raggiunto nel 2018 con l’acquisizione di un’azienda all’incirca di analoghe dimensioni, la Lampogas, e la contestuale apertura del 30% a una partnership finanziaria. La movimentazione complessiva arriva ormai a sfiorare le 400.000 tonnellate e la presenza di AGN nel comparto del gas arriva a traguardare quella dei più consolidati competitors, posizionandosi come seconda o terza tra più di 500 operatori in Italia.
L’espansione quantitativa e qualitativa dell’azienda ha il suo punto di forza in una continuità di valori che la supportano: la ferma determinazione a mantenere una solida patrimonializzazione, come garanzia di autonomia gestionale e di un bilancio in buona salute, l’affidabilità nei confronti di fornitori e clienti, con cui intrattenere rapporti trasparenti e virtuosi, una chiara separazione tra azionisti e manager, che consenta il rispetto delle reciproche competenze. Mantenendo una gestione saldamente ispirata a questi principi, assistiamo a un graduale e non traumatico passaggio di consegne come l’inserimento già dagli anni ’70 della seconda generazione, che arriva poi negli anni ’90 a prendere le redini, con Umberto Risso, figlio di Aldo, e Paolo Magi, genero di Quirico. Negli ultimi anni anche la terza generazione, con Elena Risso e Simone Manzo, genero di Paolo Magi, è giunta a ricoprire posti di responsabilità mentre Alessandro Ritz, figlio di Renata Quirico, siede come Consigliere nella Quiris, holding di famiglia. Intanto Umberto Risso, forte anche di un curriculum già denso di esperienze associative locali, nazionali ed europee, diviene, a partire dai primi anni 2000, riferimento unanimemente riconosciuto dell’azienda.
Strategica nell’evoluzione del gruppo l’attenzione a una lungimirante diversificazione degli investimenti. Dopo alcune sperimentazioni estemporanee in settori vari come quello dei salumi che non hanno tardato a rivelarsi improprie, ci si è concentrati all’interno del settore energetico, occupandosi di un ampio ventaglio di soluzioni: dall’impianto anche all’estero di centraline idroelettriche allo sviluppo di energie rinnovabili fino ad attività di nicchia globali nei propellenti per lo spray e gas refrigeranti ecosostenibili che non producono buco dell’ozono. Investimenti significativi e qualificanti sono stati e sono tuttora finalizzati alla ricerca di sistemi di produzione del bio-GPL da rifiuti e da bio-masse, con importanti partnership anche internazionali. Con lo sviluppo del gas and power (metano ed energia elettrica) si è potuta aumentare considerevolmente la base dei clienti, ampliando la piattaforma complessiva del gruppo a 350.000 utenti. Questo processo di riorganizzazione del business aziendale ha trasformato l’impresa in una struttura multiutility, dotata di forte presenza nelle fasi finali di distribuzione e di vendita. Nell’attuale congiuntura mondiale di grande incertezza sia per quanto attiene alla cornice normativa sia in riferimento alle tendenze evolutive del mercato, AGN si contraddistingue per la flessibile diversificazione interna che le consente di coniugare una spiccata sensibilità verso le nuove fonti energetiche con una politica aziendale di realismo e prudente equilibrio negli investimenti.
È sempre nell’ottica di anticipare le trasformazioni e le richieste del mercato che il gruppo rimane dinamicamente aperto ad alleanze e partecipazioni, come nell’acquisizione di una ventina di centraline idroelettriche in Albania assieme a un altro imprenditore genovese o in un recente e cospicuo impegno finalizzato alla costruzione di uno small scale di LNG combustibile che andrà a soddisfare le esigenze dello shipping e dei mezzi terrestri pesanti per i prossimi decenni con un volume di 20.000 metri cubi di capienza.
In linea con questo nuovo e diversificato profilo aziendale è stato aggiornato il logo e, nel 2022, anche la ragione sociale che passa così da AUTOGAS NORD a AGN eNERGIA S.p.A.
Pertanto la fotografia attuale è quella di un gruppo che da una parte si sta strutturando con aziende di nicchia globale (GTS, Hydra) mentre dall’altra consolida la sua presenza di azienda leader sul mercato nazionale dove opera con due divisioni: una dedicata al business tradizionale del GPL che manterrà ancora un ruolo significativo nell’ambito energetico, specie se la ricerca sul bio-GPL darà risultati positivi, e l’altra più green dell’efficientamento energetico, con vendita e installazione di impianti fotovoltaici sia per usi domestici che industriali o agricoli, distribuzione di energia elettrica sempre più verde, vendita di pompe di calore e apparecchiature per il risparmio energetico.
In attesa che si affacci alla ribalta anche la quarta generazione e che si esaurisca lo scioglimento dei ghiacciai, il brigantino a palo prosegue la sua navigazione inseguendo sempre nuovi traguardi....
La Compagnia di San Paolo
di Elisabetta Ballaira
È il 1563 e, a Torino, un piccolo gruppo di cittadini dà avvio a quel percorso che portò secoli dopo alla costituzione della Compagnia di San Paolo. Percorso avviato con intenti volti ad aiutare i più bisognosi, mai abbandonati nel corso della lunga storia. Vennero istituite numerose Opere di carità, alle quali si affiancarono la gestione sia del Monte di pietà gratuito che quello a interessi. È da quest’ultimo che si deve l’avvicinamento al mondo bancario, sfociato nel 1932 con la costituzione dell’Istituto di credito San Paolo.
Un dualismo, quello tra attività di aiuto sociale e attività bancarie, lodevolmente sinergico, culminato nel 1991 con la creazione dell’Istituto San Paolo di Torino S.p.A. per le questioni economiche e la denominazione di Compagnia di San Paolo per le attività di utilità sociale.
Questo è il racconto del direttore esecutivo della Fondazione 1563, ente strumentale della Compagnia di San Paolo e fondazione culturale specializzata nel sostegno alla ricerca nel campo delle discipline umanistiche. Un altro bel racconto, con belle testimonianze fotografiche, che vi invitiamo a leggere per scoprire una storia di impegno e lavoro per costruire il bene comune lunga oltre 5 secoli.
Le prime costituzioni della “Confraternita della cattolica fede in Torino”,
18 aprile 1563, pagina iniziale
La Confraternita (1563-1852)
La storia della Compagnia di San Paolo ha inizio nella Torino cinquecentesca, quando il 25 gennaio 1563 sette cittadini torinesi fondarono la Compagnia della Fede Cattolica sotto l’invocazione di San Paolo, con il duplice scopo di soccorrere la popolazione gravata dal degrado economico – attraverso la raccolta di elemosine e l’assistenza domiciliare – e di arginare l’espansione della riforma protestante.
Verso la fine del Cinquecento la confraternita fondò le prime Opere (oggi diremmo istituzioni) di carattere sociale e umanitario: il Monte di pietà cittadino nel 1579, che erogava piccoli prestiti in cambio di un pegno e, nel 1589, con l’avvio dell’assistenza femminile, la Casa del soccorso, destinata all’ospitalità e all’educazione delle fanciulle più povere. Nel 1595 fu costituito l’Ufficio Pio con il compito di gestire tutta l’attività assistenziale della Compagnia: sussidi a decaduti, a malati e a mendicanti; servizi religiosi; assegnazione di doti alle ragazze ospiti della Casa del soccorso e pagamento delle rette. Più tardi, nel 1683, fu fondata la Casa del deposito che accoglieva donne vittime di sfruttamento e violenza.
In seguito la Compagnia di San Paolo contribuì anche all’istituzione del Collegio dei nobili convittori, destinato all’educazione dei giovani delle classi abbienti, e all’Albergo di virtù che avvicinava i mendicanti al lavoro attraverso la meccanica e la manifattura (in accordo con il disegno ducale che introduceva in Piemonte la lavorazione della seta). A metà Seicento la confraternita promosse la creazione dell’Ospedale di carità, collaborando sia alla direzione sia al finanziamento e, nel secolo successivo, finanziò la creazione dell’Ospedale dei pazzi.
Nel corso del XVII secolo la Compagnia consolidò la propria struttura organizzativa e il proprio ruolo nella società, con un’intensa attività finanziaria culminata nell’assunzione dell’amministrazione del debito pubblico nel 1653: il Monte della fede, affidato al Monte di pietà. Alla fine del Settecento anche la Compagnia subì l’influenza generale della crisi e durante il governo repubblicano francese perse la gestione delle Opere e il possesso del patrimonio fino a essere soppressa, nel 1802 e sostituita con organi di nomina pubblica che tuttavia riuscirono ad assicurare una continuità con l’esperienza precedente.
Con la Restaurazione la Compagnia fu reintegrata e le sue attività vennero ampliate: assunse la gestione del Monte di pietà a interessi oltre a quella del Monte di pietà gratuito e, mentre riprendevano le attività dell’Ufficio Pio, tra il 1824 e il 1851 alla Compagnia fu affidato anche il servizio sanitario per i poveri di Torino che comprendeva, oltre alle cure mediche di base, l’assistenza farmaceutica e le cure specialistiche.
Libro mastro delle Opere Pie di San Paolo, copertina
Le Opere Pie di San Paolo (1853-1932)
Con l’avvento dello stato liberale e in particolare con un decreto del 1853, Vittorio Emanuele II restringeva l’attività della Compagnia alle pratiche religiose e affidava il patrimonio e la gestione delle attività assistenziali e creditizie a un consiglio di nomina pubblica: le Opere Pie di San Paolo (successivamente Istituto di San Paolo). Il nuovo ente sviluppò l’attività bancaria attraverso il Monte di pietà: già nel 1879, Giovanni Giolitti (allora commissario regio delle Opere Pie di San Paolo) lo descriveva come una banca a tutti gli effetti. Poco più di una quarantina d’anni dopo, nel 1923, il Monte di pietà otteneva il riconoscimento della prevalente attività creditizia rispetto a quella pignoratizia.
Nel 1867 l’istituto assumeva l’esercizio del Credito fondiario, avvenimento che inaugurò un importante settore di attività. Durante gli anni dello sviluppo industriale di Torino, il San Paolo iniziò a sostenere i comuni mediante prestiti pubblici e a partecipare ai nuovi organismi finanziari come il Consorzio sovvenzioni su valori industriali, l’Istituto federale per il credito agrario in Piemonte e il Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento. Nel 1931, uscito indenne dalla grande crisi degli anni venti, l’Istituto fu in grado di rilevare i depositi della Banca Agricola Italiana in Piemonte e in Liguria, estendendo la propria attività oltre i confini della città e ottenendo, nel 1932, lo statuto di Istituto di credito di diritto pubblico.
Parallelamente al settore creditizio, proseguiva anche l’attività dell’Ufficio Pio e dell’Educatorio Duchessa Isabella (il nome dell’istituto che, dal 1883, unificava le Case del soccorso e del deposito) che impartiva alle giovani un’educazione completa, e che nel 1899 avviò i primi corsi di formazione per le insegnanti.
Educatorio Duchessa Isabella, allieve e corpo dicente nel giardino dell’Istituto, 1912.
L'Istituto di Credito (1932-1991)
Con il rilievo dei depositi della Banca Agricola Italiana, nel 1931 l’Istituto estese la propria struttura al Piemonte e alla Liguria e nel 1932 ottenne lo statuto di Istituto di credito di diritto pubblico e la nuova denominazione Istituto di San Paolo di Torino.
Agli inizi del ventesimo secolo, negli anni del decollo industriale di Torino, il San Paolo, oltre a sostenere, mediante prestiti al Comune e alla Provincia, lo sviluppo delle infrastrutture e la municipalizzazione dei servizi essenziali, finanziò la costituzione dell’Istituto delle case popolari (1907) e intervenne direttamente nel campo dell’istruzione operaia e tecnica. Inoltre, ebbe un ruolo importante nella costruzione della nuova sede dell’Ospedale Maggiore alle Molinette, ultimata nel 1935.
Alla fine del 1991, nel quadro normativo introdotto dalla Legge “Amato-Carli”, la banca prese la forma giuridica di società per azioni, l’Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.A., mentre l’attività di utilità sociale assumeva – in omaggio alla sua storia – la denominazione di Compagnia di San Paolo. Oggi la Compagnia è una fondazione di diritto privato, retta da un proprio Statuto adottato nel marzo 2000.
Per approfondimenti:
http://www.fondazione1563.it/libri-arte-cultura-storia/
http://archiviostorico.fondazione1563.it/
Nel settembre 2023 ACG è entrata a far parte dei soci sostenitori di Fondazione Ansaldo. La sua sede, un tempo Centrale del latte, si trova a pochi minuti da quella della Fondazione.
L’Azienda Chimica Genovese s.r.l fu costituita nel 1947 a Genova dal professor Alessandro Doldi per produrre e commercializzare un agente disinfettante, l’ipoclorito di sodio. Dopo oltre 70 anni l’azienda è conosciuta in tutto il mondo come uno dei fornitori principali nel proprio settore.
Già nei primi anni di attività furono costruiti e venduti numerosi impianti di piccola e media potenzialità per la produzione di ipoclorito di sodio o cloro impiegato per vari usi. Alcuni degli impianti erano utilizzati negli acquedotti per la produzione di cloro necessario alla potabilizzazione dell’acqua. Il primo impianto di clorazione elettrochimica diretta dell’acqua fu costituito nel 1953 per l’acquedotto comunale di La Spezia.
Nel 1954 l’Azienda Chimica Genovese iniziò la costruzione degli impianti di trattamento antivegetativo dei circuiti di acqua salata a bordo delle navi. Il primo impianto entrò in funzione il 25 giugno dello stesso anno sulla Enotria, nave di proprietà dell’Adriatica di Navigazione, per impedire la crescita di organismi marini che si formano all’interno delle tubazioni percorse da acqua di mare, nei refrigeranti, condensatori, circuiti antincendio, igiene etc. A tutt’oggi è ancora attribuibile a detto impianto il primato di questo tipo di trattamento antivegetativo, del quale fu immediatamente apprezzata l’efficacia; fu evidenziata inoltre la capacità di deodorare i maleodoranti servizi igienici di bordo.
L’esempio fu presto seguito da altre compagnie nazionali e dalla Marina Militare Italiana. Furono centinaia le navi di ogni tipo, in esse comprese le piattaforme per la perforazione dei giacimenti sottomarini di metano e di petrolio, che utilizzarono gli impianti elettrochimici costruiti dall’Azienda Chimica Genovese.
Alessandro Doldi
Negli anni ’70 subentrarono i figli di Alessandro: Claudio, Carlo e Bianca e l’azienda fece un salto di qualità affermandosi nel panorama internazionale come azienda leader nella produzione di impianti antivegetativi (Ecolcell).
A metà degli anni ’80 iniziò la produzione di sistemi di protezione catodica a correnti impresse, usati per combattere la corrosione dello scafo delle navi, e dei generatori di ipoclorito di sodio, usati per la disinfezione delle piscine.
Negli anni ’90, grazie all’intuito del dottor Claudio Doldi, l’Azienda Chimica Genovese rivolse prima di altri i suoi orizzonti al mercato orientale, aprendo tre uffici di rappresentanza in Cina (Shanghai, Dalian, Canton). Nel 2000 inoltre aprì un nuovo stabilimento a Changshu, vicino a Shanghai. Percependo le grandi potenzialità dei nuovi mercati globali, l’Azienda fu tra i precursori nella penetrazione commerciale verso paesi emergenti quali Cina, Corea, Vietnam e India, permettendo all’azienda di espandere il suo mercato a livello mondiale.
Con l’arrivo della terza generazione con Tommaso e Federico, l’Azienda si trasferisce in una nuova sede: l’ex Centrale del Latte di Genova. Il nuovo stabilimento, poco distante dal porto, permette la produzione di impianti di dimensioni notevolmente superiori, venendo incontro alle esigenze di ogni tipo di cliente. L’edificio, luogo molto amato e ricordato dai genovesi, rimane uno degli ultimi esempi di architettura industriale a Genova.
Azienda Chimica Genovese è oggi conosciuta in tutto il mondo come uno dei fornitori principali nel proprio settore.
Commerci e manifatture, porto e trasporti: le tante anime della Camera di Commercio di Genova
di Anna Galleano e Elena Manara
La Camera di Commercio attraversa tutta la storia genovese dal 1805 fino ad oggi, giocando sempre un ruolo fondamentale per l’economia del territorio.
In pochi sapranno che la Camera di Commercio di Genova fu costituita per volere di Napoleone e inizialmente parlava francese.
I primi decenni non furono comunque facili: la situazione economica di fine Settecento e inizio Ottocento in Liguria non era delle migliori.
Con il passaggio al Regno di Sardegna e poi l’unità d’Italia, la Camera di Commercio contribuì incisivamente allo sviluppo socio-economico favorendo e appoggiando la navigazione a vapore, svolgendo un ruolo decisivo nello sviluppo ferroviario di collegamento tra Genova con il Nord oltre gli Appennini promuovendo e contribuendo alla formazione professionale nei settori della meccanica, della chimica e della nautica.
La Camera fu quindi sempre protagonista. Seguì le trasformazioni trainando l’economia cittadina e diventando il fulcro di tutte quelle iniziative che guardavano oltre gli stretti confini del suo territorio d’azione.
Nel secondo dopoguerra la Camera incoraggiò il processo di integrazione europea. Nella seconda metà del Novecento, rivolse una particolare attenzione allo sviluppo delle piccole e medie imprese dell’industria, del commercio e dell’artigianato. E sul finire del secolo la Camera ha infine incoraggiato la ritrovata vocazione turistica del capoluogo.
Oggi, sono tante le iniziative e, in questo tempo di pandemia, moltissime indirizzate al digitale.
Una storia davvero interessante corredata da belle foto. Buona lettura.
Galleria Dorata, Palazzo Tobia Pallavicino in via Garibaldi,
dal 1923 sede della Camera di Commercio
Quando è nata parlava francese, e lo ha fatto per un decennio, fino al 1815, quando con l’annessione dell’antica Repubblica al Regno di Sardegna diventò sabauda e “regia”. È la Camera di Commercio di Genova, da allora protagonista della vita economica della città e del suo territorio. Fondata il 17 giugno 1805 da Napoleone, già dalle prime riunioni nella sede di Palazzo San Giorgio stendeva relazioni sui commerci e sulle manifatture e studiava lo stato di salute dell’economia locale, tema ricorrente nei due secoli di vita camerale.
L’economia ligure dalla fine del Settecento era entrata in una fase molto critica: investimenti bloccati, commercio marittimo ostacolato dalla marina inglese, generi di prima necessità rincarati. Si sperava che, a prezzo della perduta indipendenza, l’annessione all’impero napoleonico avrebbe portato dei vantaggi. E la Camera di Commercio, tenuta in grande considerazione dal Governo francese, si adoperò con pressanti richieste e fior di studi statistici. Fu instancabile nel farsi portavoce dello scontento di tutto il mondo produttivo genovese: le cartiere, le fabbriche di tessuti, sapone, candele, olio, i fabbricanti di ombrelli, gli importatori di pellami e naturalmente i naviganti e gli operatori del Portofranco. Ma il governo francese disattese, almeno in parte, le speranze.
Antonio De La Rue, Primo Presidente della Camera di Commercio, litografia,
1805 circa, archivio Camera di Commercio
Dopo l’annessione al Regno di Sardegna furono ancora anni difficili. La borghesia mercantile e finanziaria genovese viveva con timore la svolta, pur pensando sempre in modo pragmatico a come poter dialogare con i nuovi “padroni”, ai quali inizialmente si oppose. La Camera di Commercio si adoperava per sanare in parte questi dissidi e favorire una ripresa dell’economia.
Così quando Vittorio Emanuele venne in città nell’agosto 1815 con la regina Maria Teresa, la Camera organizzò in loro onore una regata notturna, illuminò il porto e finanziò l’iniziativa con cui i commercianti offrirono una nave da guerra al Re di Sardegna, la fregata “Commercio di Genova”.
Con l’avvento al trono di Carlo Alberto e i suoi provvedimenti favorevoli al commercio genovese, i rapporti migliorarono. La Camera eresse in onore del sovrano un arco marmoreo all’entrata del Portofranco e il re autorizzò, nel 1835, la costruzione della Carrettiera Carlo Alberto, strada litoranea tracciata fra San Tommaso e Caricamento, la via Gramsci odierna. La Camera si impegnò a coprire un terzo delle spese.
Cavour, con le sue liberalizzazioni, favorì l’ampliamento degli orizzonti dei traffici genovesi. Furono aboliti i dazi, si sviluppò il porto, e Genova si avviò a giocare un ruolo centrale nell’economia del Regno di Sardegna. In quegli anni la Camera si occupò con grande attenzione di problemi marittimi, infrastrutture, logistica e trasporti, tema che attraversa come un fil rouge tutta la storia camerale fino ad oggi. Promosse e appoggiò la navigazione a vapore, le iniziative dell’armatore Raffaele Rubattino e la nascita, nel 1852, della Compagnia Transatlantica.
Nel 1857 il Consiglio camerale si riunì per discutere l’iniziativa lanciata da Ferdinand de Lesseps per l’apertura del canale di Suez: i Consiglieri la ritennero portatrice di “meraviglie di utilità pari a quella della scoperta dell’America” e così la Camera ne divenne una delle maggiori promotrici. Nel dibattito sulla direzione da dare alla ferrovia verso la Svizzera e alla scelta del relativo valico alpino – Gottardo o Lucomagno – la Camera prese inizialmente posizione per il secondo e poi quando la scelta cadde sul primo si prodigò per la sua pronta realizzazione. Si impegnò anche per la realizzazione di una strada ferrata tra Genova e il Piemonte, idea che si concretizzò nel 1854 con l’inaugurazione della ferrovia Genova – Torino in presenza del Re, che partecipò anche all’Esposizione industriale allestita per l’occasione da Comune e Camera di Commercio. La ferrovia veniva incontro alle richieste delle industrie meccaniche liguri e apriva futuri snodi verso Alessandria e Milano.
Un anno dopo l’unità nazionale, nel 1862, le Camere di Commercio furono riordinate con una legge che dedicava l’articolo 41 alla Camera di Genova: era, tra le Camere italiane, quella che aveva l’organizzazione più complessa e il bilancio più consistente (300.000 lire contro la media di 8.000 lire). Con la nuova legge crescevano i compiti e si definiva sempre di più il ruolo delle Camere quali osservatori dell’economia.
Un altro settore in cui la Camera di Genova investì energie e soprattutto fondi fu quello dell’istruzione professionale, di cui si lamentava la carenza. Avviò le scuole serali di Meccanica e di Chimica, poi quelle di Geometria, di Nautica e di Costruzioni navali. Fu poi tra i fondatori nel 1884, della Scuola Superiore di Commercio da cui derivò, nel 1913, l’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali e infine nel 1936, la facoltà genovese di Economia e Commercio. Ma la Camera di Genova contribuì anche alla nascita e allo sviluppo delle prime industrie italiane, nel campo della produzione di beni strumentali, della cantieristica, della meccanica e della siderurgia.
Una delle sue “creature predilette” era il Portofranco, una delle più antiche istituzioni genovesi, che nel 1877 fu sostituito per legge dal Deposito Franco, alle dirette dipendenze della Camera di Commercio che edificò nuove strutture e ne ampliò il “recinto”. Nel 1903 partecipò alla fondazione del Consorzio Autonomo del Porto, nato per gestire in modo autonomo ed efficace l’amministrazione portuale.
Sacchi di caffè nel Deposito Franco, fotografia 1912,
archivio Camera di Commercio
Quelli fra le due Guerre furono anni densi di avvenimenti significativi e importanti sia da un punto di vista economico che amministrativo: importanti processi di ristrutturazione e di sviluppo investirono la grande industria e il porto, si ruppe il “limite fisico” di San Benigno e nel 1926 alla città furono aggregati diciannove comuni della costa e delle valli Polcevera e Bisagno: nasceva così la Grande Genova. La Camera fu come sempre protagonista e seguì le trasformazioni giocando sempre un ruolo trainante per l’economia cittadina e diventando il fulcro di tutte quelle iniziative che guardavano oltre gli stretti confini del suo territorio politico.
Nel secondo dopoguerra la Camera incoraggiò il processo di integrazione europea, favorendo la partecipazione della comunità economica genovese al dibattito sulle prospettive di sviluppo internazionale ed europeo contribuendo al superamento del localismo economico e delle chiusure nazionalistiche. E il Movimento Federalista Europeo che nacque a Genova e fu il principale attore apartitico nella lotta per l’Europa unita, trovò nella Camera di Commercio una spalla ideale per l’affermazione delle proprie idee.
È in questo periodo che nacquero l’Istituto di Economia Internazionale e la rivista camerale “Le Compere di San Giorgio” pubblicata a partire dal 1952 subito dopo il Convegno sull’Europa federata.
Sempre attenta al porto, ai trasporti e alle infrastrutture, la Camera contribuì alla realizzazione dell’Aeroporto Cristoforo Colombo dove il 29 marzo 1960 atterrò il primo quadrimotore e che fu inaugurato nel 1962.
Nella seconda metà del Novecento, la Camera ha rivolto una particolare attenzione allo sviluppo delle piccole e medie imprese dell’industria, del commercio e dell’artigianato. E sul finire del secolo la Camera ha fortemente incoraggiato la ritrovata vocazione turistica del capoluogo: non possiamo dimenticare che il manipolo di amministratori locali che andò in missione a Baltimora a studiare l’Acquario locale per poi replicarlo a Genova come principale elemento di attrazione dell’Expo’ 92 e della rinnovata area del Porto Antico fu organizzata proprio della Camera di Commercio.
Il resto è storia nota.
Palazzo Tobia Pallavicino in via Garibaldi,
dal 1923 sede della Camera di Commercio
Fondazione Ansaldo
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