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16 ottobre

Libero Lenti, l’Ansaldo e il Piano di ricostruzione economica dell’Italia (1944)

Di Cesare Vagge

Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario della stesura degli Elementi per un piano di ricostruzione economica dell’Italia, redatto in clandestinità dall’economista Libero Lenti (1906-93) tra l’agosto e l’ottobre del 1944 presso l’Ufficio Studi dell’Ansaldo a Genova-Cornigliano. Il piano di Lenti costituisce uno dei documenti più interessanti dell’Archivio di Agostino Rocca, conservato presso Fondazione Ansaldo. Il testo si distingue non solo per il suo significato storico, ma anche per la sua attualità politico-economica.

Economista bocconiano di formazione laica e uno dei fondatori del Partito d’Azione, Libero Lenti fu uno dei maggiori esperti tecnico-economici in seno alla Resistenza italiana tra il 1943 e il 1945. Concepito all’apice dello scontro armato fra Fascismo e Antifascismo, il suo piano decennale costituisce uno dei documenti fondativi della strategia ricostruttiva del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Tale strategia non si distinse solo per il proprio alto contenuto progettuale, ma anche per la sua capacità di riconoscere l’utilità in ambito ricostruttivo di strumenti tecnico-economici concepiti sotto il regime fascista. Il progetto di Lenti a favore di una ricostruzione programmata dell’economia italiana, concepito assieme all’allora capo dell’Ufficio Studi dell’Ansaldo, l’ex collega bocconiano Alberto Campolongo (1913-90), non si esentò da questa tendenza. Nell’ambito specifico della politica industriale, Lenti riconobbe la funzione che la politica autarchica prebellica aveva avuto nel consolidamento dell’industria pesante italiana, e insistette sulla necessità di preservare strumenti chiave del dirigismo fascista come l’autorizzazione statale alla costruzione di nuovi impianti in settori strategici come la siderurgia e la meccanica. Tali strumenti di pianificazione sarebbero serviti per operare una vera e propria “razionalizzazione” dell’apparato industriale italiano, pensata per evitare la ricostruzione d’impianti obsoleti e inefficienti, e concentrare gli investimenti pubblici e privati nell’aggiornamento delle unità produttive più moderne.

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 Ammodernamento Stabilimento Artiglierie e Stabilimento Metallurgico Delta di Cornigliano

Ad assicurare il coordinamento di questo ambizioso progetto di pianificazione avrebbe provveduto un apposito “Ministero della Ricostruzione Economica”, il quale avrebbe raccolto e distribuito i fondi pubblici destinati al riassetto della struttura economica nazionale, e avrebbe coordinato le politiche dei dicasteri economici tradizionali. Lo staff del nuovo super-ministero sarebbe stato esclusivamente composto da tecnici e guidato da una personalità indipendente dai partiti politici e dall’indiscussa formazione tecnico-industriale.

Tali ambizioni tecnocratiche, pianificatrici, e accentratrici, rappresentano il maggior punto di congiunzione tra il progetto di Lenti e le iniziative intraprese dall’ing. Agostino Rocca, allora ancora amministratore delegato dell’Ansaldo per conto dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).  Convinto assertore della ristrutturazione produttiva dell’industria metalmeccanica nazionale, a cavallo tra l’autarchia e la guerra Rocca aveva inutilmente tentato di combattere il policentrismo amministrativo che aveva caratterizzato la politica industriale del fascismo, accentuando il ruolo coordinatore dell’IRI nell’ambito della medesima. Preso atto dell’esaurimento della carica propulsiva e modernizzatrice del fascismo, fin dai primi mesi del 1944 Rocca aveva cominciato a riflettere sul ruolo che la “il movimento di autocoscienza dei tecnici” avrebbe giocato nella ricostruzione industriale postbellica, condividendo segretamente tali riflessioni anche con esperti di tendenza antifascista. La presenza di Lenti presso l’Ansaldo di Rocca e l’elaborazione di un piano dai connotati tecnocratici così espliciti presso l’Ufficio Studi dell’azienda vanno dunque anche letti nell’ambito del progressivo staccamento dei manager IRI dal fascismo, e della loro ricerca di un nuovo veicolo politico capace di realizzare la loro visione economico-industriale. Non fu dunque un caso che funzionari dell’IRI come Giovanni Malvezzi e Mario Ferrari-Aggradi entrarono nelle fila del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). Senza il loro apporto, quella che Ferrari-Aggradi definì “la svolta economica della Resistenza”, non sarebbe potuta essere stata possibile.

Tornando a Lenti, che destino ebbero dunque lui e il suo piano nell’ambito dell’osmosi d’idee, strategie e istituzioni che caratterizzò la transizione dal fascismo alla repubblica? Da membro della Commissione Economica del CLNAI, tra la primavera e l’autunno del 1945 Lenti partecipò alla stesura dei piani di emergenza che garantirono la riattivazione del triangolo industriale nell’immediato dopoguerra. Nell’ambito di tali iniziative Lenti collaborò non solo con altri illustri economisti antifascisti come Rodolfo Morandi, ma anche con funzionari dell’IRI reduci dal cosiddetto “lungo viaggio attraverso il fascismo” come Ferrari-Aggradi.

Interpellato dalla Commissione Economica del Ministero per la Costituente, nella primavera del 1946 Lenti ribadì la necessità di costituire un unico dicastero per la ricostruzione economica del paese, ma la proposta rimase inascoltata. Anziché a un super- ministero, il coordinamento della ricostruzione fu delegato a un comitato interministeriale, riproducendo dunque lo stesso policentrismo amministrativo che aveva caratterizzato la politica industriale del fascismo. Egualmente Inutili furono le proposte di personalità come Morandi e Campolongo di potenziare i poteri del Ministero dell’Industria e del Commercio, al fine di coordinare gli investimenti dell’IRI con quelli delle aziende private. La proposta di Giovanni Malvezzi di estendere le direttive dell’IRI al settore privato ebbe un destino simile. Il controllo pubblico delle iniziative industriali, considerato essenziale da parte di Lenti, fu formalmente abolito nel 1948.  La Confindustria, guidata da Angelo Costa e Giovanni Falck (antico avversario di Rocca) era fermamente contraria a una qualsiasi programmazione concertata della ricostruzione industriale, sia a conduzione politica sia tecnica. D’altro canto, il sindacato, dominato da organizzatori poco sensibili alla politica industriale, non riuscì a esprimere una posizione netta su questo tema prima della rottura dell’unità antifascista nel maggio-giugno 1947.

L’Italia postbellica non fu esente da importanti iniziative di politica industriale ricalcanti i principii del piano enunciato da Lenti nel 1944. Nonostante l’epurazione e all’allontanamento di Rocca, il suo collega Oscar Sinigaglia riuscì a lanciare il celeberrimo piano settoriale che portò alla parziale ristrutturazione della siderurgia italiana, concentrando la produzione in moderne unità a ciclo integrale che consentirono il rilancio dell’industria meccanica. Tuttavia, tali iniziative strategiche rimasero limitate, con dovute eccezioni, all’ambito degli “enti pubblici straordinari” come l’IRI di Sinigaglia e l’ENI di Enrico Mattei. Il consolidamento di una coerente strategia industriale, capace di coordinare imprese pubbliche e private, non vide mai la luce. L’assenza di tale strategia costituì uno degli aspetti chiave di quel “compromesso senza riforme” che secondo Fabrizio Barca caratterizzò il capitalismo italiano postbellico. Classe politica e parti sociali non seppero raccogliere importanti occasioni come la presentazione Piano Vanoni (1954) e il rilancio dell’idea di programmazione a metà anni 60’ – entrambi ai quali Lenti contribuì – per superare tale compromesso. L’assetto istituzionale vigente perdurò, e la delega esclusiva alle sempre più politicizzate partecipazioni statali di orientare strategicamente l’industrializzazione del paese, condusse al discredito dell’idea stessa di politica industriale. Seguì la stagione della fiducia assoluta nel mercato senza strategia e di privatizzazioni spesso poco lungimiranti (se non disastrose) come hanno illustrato le vicende ILVA e Autostrade.

A ottant’anni dalla stesura del piano di Lenti, e a circa una trentina d’anni dalla sua scomparsa, l’idea di strategia industriale sembra essere tornata in voga. Poche settimane fa lo stesso Mario Draghi, un tempo assertore del libero mercato e delle privatizzazioni, ha individuato nell’elaborazione di una chiara politica industriale la condizione necessaria per il rilancio della competitività e sostenibilità dell’economia europea. Paesi come la Francia, hanno già rimesso in funzione apparati di pianificazione lasciati in disuso da più di trent’anni, hanno rinazionalizzato industrie chiave come l’elettricità e hanno lanciato ambiziosi piani di ristrutturazione di industrie private come la siderurgia, d’accordo con sindacati e imprenditori. L’Italia sembra tuttavia immune a questi sviluppi. Il governo vuole “lasciar fare chi vuol fare”; il PNRR procede a tentoni; la pubblica amministrazione continua ad emarginare esperti tecnico-industriali dai propri ranghi; le ancora importanti partecipazioni statali stentano ad operare secondo uno schema organico ben preciso; e gruppi privati storici come Magneti-Marelli chiudono stabilimenti chiave sotto l’impulso speculativo del capitale finanziario.

Raccontare le idee ricostruttive di Libero Lenti di fronte a questo scenario preoccupante può sembrare velleitario e anacronistico. Tuttavia, tale racconto può rappresentare uno spunto di riflessione in grado di spingere le componenti più sensibili delle nostre tecnostrutture pubbliche e private a formulare una strategia che possa garantire il rilancio di quell’Italia industriale che uomini come Lenti hanno rischiato e dedicato la vita per difendere e rinnovare.

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Cerimonia di presentazione a Genova del documentario IRI "Una formula per il progresso"